Non sempre i contratti si concludono con un'accettazione immediata conforme alla proposta: spesso il contenuto del contratto, che si forma progressivamente, è definito nell'ambito di trattative che possono protrarsi nel tempo.
La disposizione del codice civile impone, nello svolgimento delle trattative, il rispetto di un comportamento ispirato a buona fede, ossia con il massimo di lealtà e correttezza reciproche, pena incorrere in responsabilità precontrattuale.
Sotto il profilo della natura, la responsabilità precontrattuale si configura quale responsabilità di natura extracontrattuale, proprio perché non fondata su un contratto concluso.
Questo implica che i criteri da osservare per quanto riguarda la sua sussistenza, la risarcibilità del danno e la valutazione dello stesso vanno stabiliti alla stregua degli artt. 2043 e 2056 del codice civile, tenendo peraltro conto delle caratteristiche peculiari di questa forma di illecito.
La giurisprudenza di legittimità ha anche precisato che la regola posta dall'art. 1337 codice civile ha valore di clausola generale ed implica il dovere di trattare in modo leale e fornire alla controparte ogni informazione rilevante - conosciuto o conoscibile - con l'ordinaria diligenza.
Punto cruciale per l'applicazione della disposizione in esame è stabilire quando siano iniziate le trattative: cioè il momento in cui si passa dalla mera affermazione di un possibile interesse a valutare una possibile forma di accordo e le relative condizioni e termini, a quello in cui si iniziano vere e proprie trattative.
La sentenza in esame affronta anche la valenza e la portata delle usuali clausole inserite nella "lettera di intenti" (cd. LOI, «Letter of Intent»): una clausola che prevede che ciascuna parte sostiene le proprie spese nel corso delle trattative, non implica che valga per i pregiudizi derivanti dalla violazione del principio di buona fede anche solo oggettiva.