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Non viola il divieto di concorrenza l'amministratore di società che compie un solo atto di concorrenza

Non viola il divieto di concorrenza l'amministratore di società che compie un solo atto di concorrenza

L'art. 2390 c.c. non vieta l'assunzione di incarichi professionali a favore di soggetti concorrenti, ma ciò è in contrasto con il dovere di fedeltà, il quale costituisce la base della diligenza disciplinata all'art. 2392 c.c.

Per attività concorrente deve intendersi un complesso di atti compiuti in modo continuativo e sistematico e finalizzati ad uno scopo concorrenziale.

In relazione all'attività svolta dalla società si deve far riferimento all'attività effettiva e concretamente svolta da quest'ultima, non rilevando esclusivamente le attività enunciate come possibile oggetto sociale nell'atto costitutivo.

Una società SRL citava in giudizio l'ex amministratore, al quale veniva contestato di aver violato il divieto di concorrenza e il dovere di diligenza, correttezza e buona fede nell'esecuzione del suo incarico di amministratore.

Nel caso di specie, la società operava nell'ambito della progettazione di interni di unità immobiliari, e l'amministratore (un architetto) dava vita a una ditta per l'esercizio di un'attività diversa (partecipazione a gare di appalto pubbliche per la parte progettuale) che il socio di maggioranza acconsentiva a svolgere.

Successivamente il socio di maggioranza veniva a sapere che l'amministratore aveva accettato l'incarico per la ristrutturazione di due stanze all'interno di un albergo.

Oltre ad altre due pretese violazioni, l'amministratore si autoliquidava un compenso di circa 3mila euro, mai determinato dall'assemblea, emettendo fattura nei confronti della società.

Il Tribunale rigetta le richieste della SRL

E' bene osservare che l'art. 2390 c.c. non vieta l'assunzione di incarichi professionali a favore di soggetti concorrenti, ma ciò è in contrasto con il dovere di fedeltà, il quale costituisce la base della diligenza disciplinata all'art. 2392 c.c.: pertanto tale condotta potrebbe giustificare la revoca per giusta causa dell'amministratore. Lo statuto della società può, però, imporre il divieto in maniera espressa.

In merito alla autoliquidazione del compenso dell'amministratore, il ragionamento del Collegio è corretto ma non considera che l'amministratore ha la concreta possibilità di convocare l'assemblea e di inserire nell'ordine del giorno la determinazione del compenso, e le conclusioni a cui è giunto il Tribunale legittimano una condotta che è molto simile - negli effetti sostanziali - all'esercizio arbitrario delle proprie ragioni.

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Studio Graziotto
  1. Cass. 16764/2005
  2. Cass. 4261/2009
  3. Cass. 19697/2007
  4. Trib. Trapani 7-1-2010
  5. Cass. 1647/1997
  6. Cass. 2895/1991

Codice Civile

Vigente al: 10-07-2017

Art. 2389 - Compensi degli amministratori

I compensi spettanti ai membri del consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo sono stabiliti all'atto della nomina o dall'assemblea.

Essi possono essere costituiti in tutto o in parte da partecipazioni agli utili o dall'attribuzione del diritto di sottoscrivere a prezzo predeterminato azioni di futura emissione.

La rimunerazione degli amministratori investiti di particolari cariche in conformità dello statuto è stabilita dal consiglio di amministrazione, sentito il parere del collegio sindacale. Se lo statuto lo prevede, l'assemblea può determinare un importo complessivo per la remunerazione di tutti gli amministratori, inclusi quelli investiti di particolari cariche.

Art. 2390 - Divieto di concorrenza

Gli amministratori non possono assumere la qualità di soci illimitatamente responsabili in società concorrenti, nè esercitare un'attività concorrente per conto proprio o di terzi, nè essere amministratori o direttori generali in società concorrenti, salvo autorizzazione dell'assemblea.

Per l'inosservanza di tale divieto l'amministratore può essere revocato dall'ufficio e risponde dei danni.

Art. 2392 - Responsabilità verso la società

Gli amministratori devono adempiere i doveri ad essi imposti dalla legge e dall'atto costitutivo con la diligenza del mandatario, e sono solidalmente responsabili verso la società dei danni derivanti dall'inosservanza di tali doveri, a meno che si tratti di attribuzioni proprie del comitato esecutivo o di uno o più amministratori. In ogni caso gli amministratori sono solidalmente responsabili se non hanno vigilato sul generale andamento della gestione o se, essendo a conoscenza di atti pregiudizievoli, non hanno fatto quanto potevano per impedirne il compimento o eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose. La responsabilità per gli atti o le omissioni degli amministratori non si estende a quello tra essi che, essendo immune da colpa, abbia fatto annotare senza ritardo il suo dissenso nel libro delle adunanze, e delle deliberazioni del consiglio, dandone immediata notizia per iscritto al presidente del collegio sindacale.

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